Maurizia Piazzi

foglie, frutti, fiori, colori

GIAN LUIGI ZUCCHINI –    Presso la Nuova Galleria d’Arte La Piccola (Bologna, Santo Stefano, 29) Maurizia Piazzi ha allestito una nuova mostra di oggetti, fiori, foglie, nella più folgorante tradizione figurativa. In altre parole, ‘nature morte’. O almeno sembra. Ma sono davvero così ‘morti’ questi frammenti di natura messi lì sulla tela, alcuni addirittura esplosivi nella luce vivace di accesi cromatismi? O non sono invece messaggi di riflessione, momenti di silenzio nel brusio insistente della vita, tramandi di antiche, ripetute storie esistenziali?

 

Di fronte a questi ambigui interrogativi, è davvero difficile rispondere. Occorrono sguardi attenti, meditazione e, appunto, considerazione dei tramandi, tanto cari a Francesco Arcangeli e così dimenticati da gran parte dell’arte contemporanea. 

Per Maurizia il legame più prossimo e insistente è quello con l’arte di Giorgio Morandi, o meglio, il silenzio di Morandi; ma, mentre nel grande artista bolognese questo silenzio è atemporale, astorico, immutabile, in Maurizia invece emerge nella staticità gioiosa di una natura che, ferma soltanto per un attimo, ci restituisce la sua vitalità nutrita di colori e di luce. Del resto, gli accostamenti tra alcune consuete forme morandiane – come ad esempio le bottiglie, ripetuto con insistenti prove del maestro bolognese – testimoniano la costante ricerca di Maurizia. Si evoca Kandinskij, lirico e quasi sonoro nei suoi affannati intrichi di colori, o addirittura i classici, come nei quadretti dove alcune foglie si staccano dalla tela come nelle invenzioni barocche del Canuti e di Annibale Carracci. E poi frammenti di frutti o fiori che si avvolgono alla tela, a formare essi stessi quadro e cornice, rose affogate in un bicchiere, quasi un richiamo a certi mazzetti floreali di Manet; e infine, più consueti e  smaglianti nell’opulenza delle corolle, grandi mazzi di fiori alla Fantin-Latour, preziosi nella fattura, e costruiti soprattutto per gli eventuali acquirenti che amano nitide bellezze  per il salotto buono, o per saloncino dove ricevere le amiche, o per lo studio notarile a rompere la severità monocorde dei trattati e dei codici.

Ma, al termine della visita, resta un’impressione, o meglio un’idea, che potrebbe sintetizzare un giudizio critico su tutto l’insieme delle opere esposte, formulato più o meno in tre punti:

– Dipinti di bella tradizione figurativa: è l’inizio dell’attività di Maurizia, avviato con il disegno, poi continuato con quadri di frutti, fiori, tralci di natura, molti quasi iperrealistici.

– Opere di ricerca, scaturite dall’amore meditato e dalla perlustrazione assidua dell’opera di Morandi: ed ecco forme e colori astratti, che si inseriscono gioiosamente nella tela, in felice abbinamento con gli oggetti e le citazioni morandiane.

– Infine, un nuovo filone, appena tentato ma premessa di sviluppi che potrebbero scaturire in interessanti esiti espressivi. Si tratta di lavori eseguiti in bianco e nero (più nero che bianco), alleggeriti da sfumature che vanno dal grigio al nerofumo: un bicchiere che galleggia nell’aria, fiori dagli strani petali, in accordo tra il silenzio e l’astrazione, concretezza e mistero, quasi richiami al surrealismo arcano di Magritte.

Ecco, una futura mostra incentrata su questi tre aspetti potrebbe essere, a mio avviso, una bella retrospettiva dell’arte di Maurizia Piazzi, in attesa, naturalmente, di nuovi e interessanti sviluppi.